Non so dove, non so quando, 2016, diapositiva d’archivio #515, stampa – carta cotone hahnemühle, cm 74×50, 2021;
Installation view Losing Control#2, Fondazione Pastificio Cerere, 2021. Courtesy
Un illusorio senso di controllo è ciò che si percepisce davanti alle opere che Giulio Bensasson ha immaginato e ideato per gli spazi della Fondazione Pastificio Cerere. La mostra Losing Control, a cura di Francesca Ceccherini, offre una riflessione sul meccanismo paradossale innescato dalle ossessioni. Lo stesso sintomo rappresenta, al contempo, una perdita di controllo e il tentativo di ripristinarlo.
Le opere dell’artista, giocando in maniera apparentemente antitetica con gli spazi espositivi, rassicurano le nostre pulsioni. Un vano senso di controllo, enfatizzato da un forte profumo di pulito, invita ad entrare nell’ambiente fatiscente di Spazio Molini. Nel seminterrato, umido e male illuminato, la presenza di un ambiente domestico, che conserva ancora tracce dell’azione umana, conforta le nostre paure. In effetti, i volumi scultorei concepiti in dialogo con l’archeologia industriale del vecchio pastificio, puntano tutto sulla purezza del colore e la familiarità delle forme. La presenza di piccole irregolarità o insetti sulle superfici apparentemente asettiche, fanno riaffiorare in noi quel rapporto incerto e problematico con il nostro futuro. La nostra sensazione di controllo inizia a vacillare, fino a crollare definitivamente, finalmente posti davanti al pensiero della morte. La percezione della nostra caducità ci mette di fronte all’impossibilità di accettare. Tale pensiero, in quanto concreto, diventa qualcosa di irreale. Un incubo dal quale desideriamo svegliarci. Mettiamo in atto un rituale quotidiano di rimozione ossessiva di ogni traccia del nostro scorrere nel tempo. Siamo alla ricerca di un apparente controllo sul naturale ciclo vitale. Nel fare ciò diventiamo prigionieri delle nostre ossessioni e finiamo per sentirci intrappolati, come lo sciame in cerca di una via di fuga.
Le diapositive, esposte negli spazi bianchi dalla dimensione sacrale del Silos, mostrano invece immagini perturbanti, in chiaro stato di decomposizione. Un tragico senso di morte e del decadente scorrere del tempo che si rileva nelle alterazioni cromatiche, provocate dall’azione delle muffe. L’accettazione dell’errore in quanto parte integrante del lavoro e l’incapacità di controllare le reazioni della materia, generano nelle opere di Giulio Bensasson un’evoluzione del linguaggio pittorico. È proprio in questa dimensione di sospensione, di incertezza e instabilità che il lavoro dell’artista si genera.
In un percorso mostra, concepito come un piano sequenza, in bilico tra incertezza e possibilità viene ridefinito il concetto stesso di controllo. Calandoci nel profondo delle nostre ossessioni, ne riemergiamo purificati. Infatti, messi davanti alla nostra caducità, siamo in grado di risvegliarci, di riconoscere la nostra irriducibile singolarità, e riprogettare la nostra esistenza più autentica.