API

WANG YU XIANG

a cura di KH

Sound Engineer: Federico Landini

20/22 dicembre 2021

dalle 17 alle 19:30

Label 2021, via portuense 201

Nel complesso di Portuense201, i fotogrammi di “API” si susseguono sulla parete di fondo di una stalla con il tetto a capanna. Lo spazio, nella sua evangelica semplicità, evoca l’atmosfera mistica delle chiese di campagna, segnando una forma di lontananza ed estraneità dal contesto urbano. Roma e le sue strade diventano luogo simbolo della riflessione di Wang Yuxiang. Si rielaborano, attraverso il filtro del quotidiano, elementi del materialismo comunista e fondamenti della spiritualità cristiana occidentale.
Un oculo viene trasformato in rosone. La visione scava ed esalta una profondità che si proietta su una superficie virtuale, smaterializzata come una visione estatica. Una vetrata che non guarda su nessun “fuori”, alimentandosi della luce e dell’ombra raccolta nella sala, trasfigurata in un santuario laico. Tutto ciò predispone una postura. Lo spettatore deve alzare la testa per immergere i propri pensieri in questa immagine acheropita dipinta da mano incorporea: dalla moltitudine anonima che, ogni giorno, compone – involontariamente – un mosaico di tracce e assenze.
I canti gregoriani riecheggiano tra le mura di questo spazio extraordinario, definendo il tempo liturgico di contemplazione di un’opera che si presenta come una moderna icona in movimento. Il dinamismo delle riprese sovraesposte, realizzate in analogico, trova eco nella soave polifonia delle stridenti sirene di ambulanze e delle voci dei cantori di Kyrie Eleison.
Una richiesta di perdono o forse un invito a Dio a mostrare la propria benevolenza.
Le volanti sfrecciano per la città. L’alta frequenza dei segnali acustici trova corrispondenza, nell’universo creativo di Yuxiang, nell’irrefrenabile battito delle ali membranose delle api. Il ronzio, unica forma di interazione di questi insetti, sancisce una modalità di comunicazione e relazione con la realtà sociale attraverso il movimento.
L’unico gesto possibile è superare l’arco trionfale e, attraversando la pianta longitudinale della cappella laica, contemplare il riflesso della contemporaneità di cui si è parte. La prossimità fisica rende, però, i fotogrammi più complessi da decifrare. Il flusso di immagini condensa esperienze epifaniche eterogenee, raccolte passeggiando per le sporche e caotiche strade di Roma, cogliendo barlumi di sacralità nei suoi anfratti più misterici. Visibile, invisibile da cogliere ad occhio nudo o da (dis)perdere nell’accecamento e nella dimenticanza, esperendo il classicismo e il barocco delle vie del centro nella maniera inconscia di cui parla Benjamin. Il passato evoca una ritualità, una solennità che si cerca di osservare mentre il guardare sfuma in un visionare erratico. Queste armonie difformi si incalzano e si rispecchiano in un abbraccio serpentino che subito si ribalta in un’orchestrazione ordinata, come le rigorose costruzioni delle api, contrappunto di quella presenza umana che popola le architetture nel video e che qui si offre in dettagli e frammenti.
Il miele – prodotto sopraffino – sostituisce in questa ripresa l’oro della pittura sacra, offrendo all’artista come materia una luce satura che bagna le immagini di una luminosità densa e appiccicosa, collante fra umano e animale, naturale e culturale.

Mattia Cucurullo e Letizia Giardini