KH EXHIBITION IS COMING
NUOVE VEDUTE DI ROMA #1
VERDIANA BOVE
UN NUOVO CONTENITORE KH
Opening: 2 Marzo 2022 ore 17
A cura di KH
Closing: 9 Marzo 2022
Aperto su appuntamento
Testi: Mattia Cucurullo
info@khlab.it
Ingresso contingentato
KH LAB è a via Flaminia 26, Roma
Nuove Vedute di Roma prevede l’esposizione di un quadro per una settimana, corredato da un testo critico. Il fondamento di KH, che si dichiara contenitore di pensiero, procede in un rapporto di analisi del lavoro, che auspichiamo sempre proficuo, tra critico e artista. Si tratta di una finestra di visione che introduce nuovi nomi e pensieri nell’attuale programma di ricerca. Uno sguardo sulle produzioni di giovani artisti romani, che attraverso la propria ricerca contribuiscono a modificare, aggiornare e rinegoziare l’immaginario artistico della capitale.
La Veduta, così come è stata codificata storicamente, nel Settecento fungeva da dispositivo funzionale a pubblicizzare le città della penisola italiana, attraverso rappresentazioni caratterizzate spesso da un realismo secco e senza sbavature. Si forniva un’immagine presumibilmente “oggettiva”, per certi versi raggelata, di realtà urbane e paesaggistiche in decadenza o in fermento. Questa costruzione di stampo illuminista, tuttavia, ha rivelato una moltitudine di cose sfuggite all’occhio della ragione, che hanno successivamente arricchito il discorso sulla Veduta. Come una lente d’indagine, questo strumento analitico ha dimostrato la sua efficacia oltre il suo secolo d’origine, grazie alla capacità di fornire un resoconto puntuale dei mutamente di un campione di realtà selezionato, spesso elettivo.
Altra faccia del fenomeno, la ricostruzione artificiosa dei medesimi soggetti attraverso il genere del Capriccio, che mostrava un’estesa gamma di possibilità creative, verificando la varietà di pose e atteggiamenti nei confronti di un contesto plurale e stratificato. Che si guardi il contesto romano attraverso gli occhi della ragione o della fantasia, questo continua – ieri come oggi – a fornire continui spunti sul nostre presente, il nostro mondo interiore o esteriore.
Nuove vedute di Roma si situa dunque sulle rovine di questi precedenti storici, per accoglierne l’eredità e restituire visioni inedite, alternative, connesse con la vitalità di fenomeni in atto.
Un paesaggio che è una tela, un supporto che non sopporta perché libera l’immagine dal peso della sua leggerezza materiale. In #1 l’evocazione trasognata di un frammento di memoria assume una definizione imperfetta, impenetrabile. Il chiarore scabro e abbagliante della superficie è la traccia concreta di una cancellazione inevitabile. Tale rischio di un oblio incombente non genera nessuna ombra: la sua possibile sparizione diffonde un’onda di serenità. La rarefazione dei contorti e dei soggetti (ri)costruisce un universo dove le polarità sono sregolate, in cui pesantezza e leggerezza si scambiano di ruolo. Si è leggeri quando non si ha un passato, ma la gravità zero annulla il senso di libertà in arbitrio. Si è più leggeri quando il peso di un passato si trasfigura in leggerezza.
Un velo di pittura bianca copre l’immagine di fondo, a sua volta bianca. Una doppia e pura immagine. Non si nasconde nulla, poiché il bianco non occulta. Lascia trasparire morfologie impalpabili, nel dorso della sua scorza esterna. Questo raddoppiamento si riflette nella divisione in due registri del quadro, grazie ad una linea d’orizzonte che marca un’ideale profondità. Non solo. Questa ripartizione, così come nell’iconografia dell’Assunzione rapporta l’alto con il basso, il mondo divino con quello profano, qui lascia interagire due temporalità diverse. Si confrontano nella bidimensionalità dell’immagine, nella sua spazialità dilatata, diluita. Il tempo è appiattito ma il suo portato emotivo no. Si raggruma in punti di resistenza, lasciando sbavature; l’emergenza imprevista di qualsiasi segno, traccia, impronta. Non è il delitto di un corpo estraneo: c’è una strana complicità nella disponibilità del bianco alla corruzione. La memoria come la pittura è materia plastica e sensibile. Verdiana un giorno apre l’archivio del suo passato, lo riscrive con un pennello di luce ma questa operazione è autentica, l’unica possibile. Un oscuro abbraccio in piena luce. I miracoli sono epifanie che squarciano la materia. La memoria (ri)evocata di questa esperienza rende possibile il miracolo una traduzione. Non letterale, non simbolica, la traduzione racconta dell’esperienza di questo chiarore che si macchia della potenzialità immaginifica del processo pittorico. Un lavoro dove si sporcano le mani, dove si dipinge il cielo per ripopolare la terra.
La superficie di questa tela cattura germi di pensieri, gemme di azioni, così come una rete al vento intrappola nella sua trama sottile depositi aerei sollevati dal movimento dell’aria. Il vento è un motivo della memoria. Non si da come un deposito statico, ma come transito, passaggio che attraversa corpi, (ri)connette tempi lontani con spazi vicini. L’immagine-piano marca la sua cornice evidenziandola. Giallo cadmio, colore solare che astrae la frontiera. Ci ricorda che è una convenzione, anche se è lì che si gioca tutto: il nostro incontro con l’immagine, il terreno di scambio dove questa si pluralizza. Un promemoria che diventa margine estremo, bordo eroso da una marea calma e inarrestabile. Questo cielo diviso dalla cerniera dell’orizzonte è anche un mare che ridisegna continuamente il suo rapporto con la terra, la sua linea di contorno. I relitti che scompaiono ed emergono attraverso questo ciclico passaggio sono rarefatti come fantasmi onirici.
La memoria di Verdiana è un sogno. Bagnata dal sole, bruciata dal sole, la sostanza pittorica è nostalgia felice. Gli idilli sono astratti, non hanno respiro. Questa rappresentazione sintetica ha un afflato reale, testimonianza immateriale di ciò che resta. Fra il quasi-invisibile e il non-ancora-cancellato, l’immagine del ricordo ci sfugge. Ci resta la figurazione della sua forza, la forza della figurazione.
KH STAFF: Antifigure (Graphics) – Mattia Cucurullo – Luca Di Gregorio – Giulia Di Pasquale – Federica Griesi – Beatrice Levorato – Giulia Romolo