Anna Ill, Losing Touch, 2020
Testo di Chiara Cottone
Losing Touch, riflessione e azione di un contatto.
Cinque magneti posti alle estremità delle dita di una mano e un guanto, mediatore di contatto, determinano movimenti incontrollati e tendono, continuamente, ad attirarsi l’uno all’altro. Si tratta di Losing Touch, l’opera video realizzata da Anna Ill (1990), artista catalana che vive e lavora tra Londra e Barcellona. Il video è una riflessione sull’impossibilità di toccare ed essere toccati. L’immagine sembra familiare, una mano e un guanto, eppure il gesto e l’azione che ne deriva ci invitano a ripensare per un momento quella familiarità e a ridefinirla secondo le nostre personali memorie ed esperienze.
Nato durante il periodo del lockdown trascorso dall’artista presso la galleria Jupiter Woods di Londra, il video è parte della serie How to Disappear del 2020, un progetto realizzato con il sostegno di Sala Art Jove, organizzazione d’arte sita in Barcelona, e sotto il tutoraggio di Sabel Gavaldón, curatore a Gaswork. L’opera è il prodotto di un momento intimo e di un’esperienza traumatica e nuova, quella di una pandemia. Nei limiti imposti durante questo periodo, anche gli artisti si sono dovuti ripensare e hanno spostato le loro riflessioni su certi aspetti dell’intimità che siamo stati necessariamente chiamati a mutare in una richiesta di improvviso adattamento non solo personale, ma soprattutto collettivo. Losing Touch parte proprio da una mancanza, la perdita di un tocco, che è sia limite che possibilità. L’artista tratta le mani come meccanismi di adattamento e veicoli di nuove capacità sensoriali e tattili. Da una parte il guanto che è sia privazione che protezione, dall’altra i magneti che rappresentano quella forte attrazione emotiva ed esperienziale che determina un’azione incontrollata e casuale. Tale accidentalità raffigura una peculiarissima forma di attivazione di esperienze che è tipica del modus operandi dell’artista. Anna Ill lavora a partire da objet trouvè, oggetti dalla forte carica emotiva che manipola per estrapolarne le caratteristiche più profonde. In un’azione che si può definire surrealista, l’artista, lavora su quei meccanismi dell’inconscio che determinano un approccio quasi fisiologico verso l’oggetto. Partendo da ciò che lo caratterizza, dallo stratificarsi di memorie, fino ai misteri celati sotto le sue forme, l’artista è portata a modificarlo, alteralo nella composizione attraverso interventi minimi o invasivi. Rimaneggiando gli elementi da cui viene attratta, Anna Ill lavora anche sulla loro atemporalità, un tempo che si allunga vertiginosamente rendendo l’oggetto in grado di mutare continuamente, comportandosi proprio come degli archivi di memorie ed esperienze. Tali oggetti, così come avviene nel video, diventano dei feticci, dei residui di azioni precedenti che nel momento stesso in cui vengono prestati a nuove funzioni, assumono delle caratteristiche nuove. In questo senso, il lavoro di Anna non ha solo una forte carica emotiva, bensì spinge a una riflessione collettiva che, attraverso l’archiviazione delle memorie e la loro graduale stratificazione, fa leva su un ricordo intimo e privato che si presenta sotto forma di un corpo impersonale. Nel video l’utilizzo di un forte close-up, così come nelle opere-sculture, la dislocazione e la ricomposizione degli oggetti, tendono a lasciare da parte qualsiasi riferimento preciso di un corpo a favore di un gesto che può essere ripetitivo e incontrollato o graduale e casuale.
Losing Touch è da considerarsi come uno “studio video”, come afferma l’artista, un esercizio in loop nato dalla necessità di verificare le interazioni tra gli oggetti e la loro comunicabilità. Per Anna, infatti, l’uso della videocamera non è un luogo comune, non è uno spazio di cui è padrona. Eppure, la scelta del suo utilizzo prevale in quella intima necessità di veicolare l’incomunicabilità del momento attraverso la sua narrazione visuale. Si tratta di una necessità profonda di un io che cerca di adattarsi in situazioni di forte stress fisico ed emotivo e trova metodi nuovi di sopravvivenza. È un linguaggio semantico e metaforico, in cui non prevale una narrazione precisa, ma si divide tra ripetitività e azione. Il gesto è ridondante, seppur semplice: una mano intenta a indossare un guanto con alle sue estremità delle calamite. Ciò che si determina è un’incontrollabilità del gesto e un’attrazione che entra in contrasto con il movimento e la reiterazione. Il tentativo ripetuto di inserire il guanto ridefinisce il concetto di percezione alterandone i sensi e inserendosi da un lato come veicolo, quale possibilità per attivare un contatto, e dall’altro come protezione. Questa performatività del gesto ha, dentro di sé, anche una forte sensualità lirica. Il contrasto tra la mano nuda e la mano ‘rivestita’ che tenta il contatto ci racconta un’intimità che non è solo personale, ma di tutti.
Losing Touch è, quindi, un esercizio fisico e mentale. L’artista ne fa esperienza valicando i confini tra ciò che è sicuro e ciò che non lo è e lo fa nel tentativo di ridefinire le priorità fisiologiche degli esseri umani, attraverso nuove forme di comunicabilità. Il tatto, questo senso così necessario per tutte le forme di vita, diventa il pretesto per ripensare i limiti e le infinite possibilità che possono scaturire da un semplice e puro gesto.